OBEY Make Art Not War che il 15 aprile si inaugura al Palazzo della Cultura Pasquino Crupi di Reggio Calabria, a cura di Gianluca Marziani e Stefano Antonelli, prodotta e organizzata da MetaMorfosi Eventi in collaborazione con la Città Metropolitana di Reggio Calabria, è l’occasione per conoscere uno degli street Artist più famosi al mondo. La mostra di Reggio Calabria sarà un viaggio visivo che incrocia quattro punti tematici: Donna, Ambiente, Pace, Cultura, stimolando riflessioni su temi umanitari, su passaggi esistenziali, su utopie sociali, su valori di giustizia al di sopra delle leggi.
Grazie alle opere in mostra dell’artista americano Shepard Fairey, nome in codice Obey, veniamo introdotti nel suo universo cartaceo dallo stile inimitabile, basato sulle grafiche sovietiche e futuriste di inizio Novecento, sulle pitture parietali latinoamericane, sui muralismi italiani alla Mario Sironi.
Tra le opere in esposizione serigrafie e litografie provenienti da collezioni private che fanno di Obey il prototipo fluido del nuovo artista politico, perché ha capito che i temi scottanti si affrontano con simboli e intelligenza visiva, con l’impatto rapido di un messaggio in cui riconoscersi senza confondersi. Tra questi, ad esempio, Liberté, Egalité, Fraternité, una litografia del 2018 in prestito da collezione privata, che Obey realizzò per esprimere la propria solidarietà ai cittadini di Parigi all’indomani degli attentati terroristici che colpirono la città nel novembre del 2015. Raffigura la Marianne, simbolo della République, circondata dalle parole del motto nazionale, su uno sfondo tricolore che riprende i colori della bandiera francese. Obey donò una sua versione a stampa a Emmanuel Macron, di cui ha sostenuto la candidatura presidenziale, che fu esposta nel bureau del Palais de l’Elysée dopo la sua elezione.
I riferimenti all’attualità sono continui e proficui nell’opera dell’artista figlio di un medico e di una agente immobiliare, cresciuto nella Carolina del Sud, dove ha seguito studi artistici e nel 1988 si è diplomato presso l’Accademia d’Arte. «Obey produce immaginari simbolici ad alto valore emozionale – spiega Marziani. – La sua arte su carta attrae i nostri sensi in modo spontaneo, ampliando il linguaggio informativo dei muri metropolitani. Fairey ha capito che le pareti stradali rappresentano la prima pagina della comunicazione virale, una nuova home page da cui non puoi sottrarti e che ti avvolge nei rituali quotidiani».
Tra i riferimenti più immediati all’attualità in mostra a Reggio Calabria proprio l’ultima creazione di Obey dedicata ai recentissimi ed ancora purtroppo attuali venti di guerra che attraversano l’Ucraina e l’intera Europa. Obey infatti ha voluto riproporre la sua Liberté, Egalité, Fraternité, “rivestendola” dei colori della bandiera della nazione martoriata da questi due mesi di guerra. Diplomacy over violence, realizzata dall’artista a ridosso dello scoppio della guerra, è un inno alla pace e alla presa di posizione contro la guerra: «In base alle mie osservazioni, non importa in quale bandiera o ideologia sia avvolta, la violenza è quasi sempre motivata da ego, avidità e incapacità di lavorare diplomaticamente con gli altri – commenta sul suo sito lo stesso Obey. – Nel caso dell’invasione dell’Ucraina, credo che tutti questi fattori siano all’opera, e molte persone stanno già soffrendo inutilmente. Questa immagine simboleggia il mio sostegno al popolo ucraino e il mio sostegno a chiunque creda che la pace sia preferibile alla guerra. Date la priorità alla diplomazia e alla creatività rispetto alla violenza!».
Tra le opere esposte, sempre tra gli splendidi ritratti del mondo femminile contemporaneo che Obey interpreta e traduce dall’attualità, anche quello di Angela Davis, che in mostra è protagonista di Spirit of Independence figura fondamentale per il movimento afroamericano degli anni Settanta. Accusata di cospirazione, rapimento e omicidio in relazione al fallito tentativo di un gruppo di attivisti delle Black Panthers di liberare il detenuto nero George Jackson in un’aula di tribunale, la Davis fu arrestata e processata, diventando così popolare da mobilitare a suo favore un gran numero di persone che si riunirono in comitati e organizzazioni, non solo negli Stati Uniti ma anche in molti altri paesi. Obey la ritrasse più volte, una di queste immagini è in mostra, contribuendo a creare il mito di donna afroamericana, simbolo sia del femminismo che dell’uguaglianza razziale.
Percorso mostra